La guerra di Troia (2013) by Barry Strauss

La guerra di Troia (2013) by Barry Strauss

autore:Barry Strauss [Strauss, Barry]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Editori Laterza
pubblicato: 2016-01-30T23:00:00+00:00


VIII. Mosse notturne

I re dell’età del Bronzo facevano molti sogni, e il più grande era la speranza di gloria immortale. Solo gli dèi potevano esaudire un simile desiderio, e gli dèi non potevano essere forzati. Tuttavia apprezzavano i doni; perciò il monarca prudente era solito tutelare il proprio regno offrendo ringraziamenti adeguati: un monumento imponente1, magari con un’iscrizione che esprimeva gratitudine al cielo per il successo, per la lunga vita, per la prosperità, per i figli e ovviamente per la vittoria. La vittoria era il seme dell’immortalità e gli dèi la accordavano in molti modi, mettendo nelle mani del re i nemici o facendo sì che li calpestasse sotto i suoi piedi. Ma nessuna vittoria era più dolce di quella che rovesciava una sconfitta imminente. Con l’aiuto degli dèi, il re poteva fare in modo che i capi nemici smettessero di vantarsi.

Forse Ettore faceva sogni come questi quella notte, quando le pire funerarie lampeggiavano sulla piana di Troia. I Greci avevano perso alcuni dei loro uomini migliori e si erano ritirati dietro a mura precarie. Se il principe troiano avesse condotto fuori le sue truppe subito, queste avrebbero scatenato un oceano di fuoco contro le navi greche. In un futuro lontano – immaginava Ettore –, dopo essere succeduto a Priamo sul trono ed essere stato a sua volta sostituito da suo figlio Astianatte, sarebbe stato ricordato dai poeti come il re che aveva salvato Troia.

E così, quando il mattino successivo il sole sorse, Ettore smaniava. Era alla testa di un esercito che andava alla carica fuori dalle porte della città, alcuni a piedi e alcuni sui carri, tutti smaniosi di combattere. I Greci non avevano altra scelta che lasciare l’accampamento e incontrare i Troiani sulla pianura.

Per diverse ore la battaglia fu equilibrata, ma poco dopo mezzogiorno, nell’implacabile chiarore di un cielo che si stendeva dal monte Ida a Samotracia, la situazione volse a favore dei Troiani. I Greci iniziarono a fuggire. Diomede ebbe comunque il coraggio di voltare il carro verso il nemico e di scagliare un giavellotto che uccise l’auriga di Ettore.

Ma gli dèi erano dalla parte di Ettore. Omero rappresenta Zeus stesso sul Gargaro, il picco più alto del monte Ida, mentre osserva la battaglia in basso dalla vetta burrascosa. Il dio scagliava tuoni contro i Greci, poi colpì la terra davanti ai cavalli di Diomede con un fulmine. Neanche il coraggioso figlio di Tideo poteva resistere all’ostilità degli dèi, perciò anche lui si voltò e fuggì. Anche il re ittita Murshili II era stato aiutato da un fulmine divino attorno al 1316 a.C. nella sua battaglia contro Arzawa, più di 300 chilometri a sud di Troia2. E una preghiera babilonese3 al dio della tempesta, ritrovata nella capitale ittita di Khattusha, riflette il terrore dinanzi all’intervento del dio nella battaglia.

A questo punto Ettore cedette a una delle tradizioni più antiche del modo di fare guerra nell’età del Bronzo. Quando non inventavano storie sulla grandezza dell’uomo che avevano ucciso, i comandanti dell’età del Bronzo schernivano il nemico come «cane»4, «figlio di nessuno»5, uomo che gli dèi avrebbero dovuto trasformare in donna6.



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